Teneri figli, feroci assassini

Il “perturbante” sta dietro a ciò che ci è “famigliare”.
Genealogie di uomini, di padre in figlio si trasmettono da secoli lo stesso pendolarismo fra casa, lavoro e svago, sicuri di poter legittimare entrate e uscite con la libertà che spetta al loro sesso per un “naturale” privilegio. E’ una delle tante, quotidiane “invarianti” del rapporto tra uomo e donna, una di quelle infinitesimali violenze che non arriveranno mai alla ribalta di un giornale e che nessuno andrà mai a rintracciare, anche quando dal litigio tra coniugi o conviventi si dovesse passare alle mani e dalle mani al coltello. Nell’epoca in cui i capisaldi del potere dei padri, per naturale decrepitezza o inevitabili discontinuità dovute alle nuove acquisizioni della coscienza, cominciano a declinare, e le passioni stesse perdendo il loro smalto si fanno “tristi”, sembra che solo la violenza tragga dal mutamento in atto nuovo vigore.
Nel venir meno di modelli virili socialmente autorevoli, nel declino delle istituzioni che dietro la maschera della neutralità hanno sedimentato valori, gerarchie, privilegi, divisione di ruoli, nel lento decadimento dei miti della forza e dell’onore, è come se si fosse prosciugato il terreno in cui scompariva ogni volta un tenero figlio, ancora in odore di madre, per far crescere un coraggioso guerriero. A uno strappo violento -come quello che separa e differenzia il maschio dal corpo femminile da cui è nato e con cui si è a lungo confuso- sono servite nel tempo svariate forme di iniziazione, addestramento e fedeltà a nuovi codici di appartenenza, per facilitare il passaggio dalla famiglia alle comunità sociali dei suoi simili, come l’esercito e la chiesa.
Il copione della virilità, destinato a ripetersi quasi senza variazioni nel corso di una vita, poteva contare in passato su attori e parti note già nell’ambito famigliare, figure parentali irrigidite da obblighi, doveri, rituali domestici, distribuzione di poteri, visibilmente in consonanza con le strutture portanti della vita pubblica. Patriarchi contadini, abbruttiti dall’alcolismo, non riscuotevano per questo minore obbedienza e rispetto. La violenza si confondeva con la legge, con la tradizione, con le norme comportamentali, con l’esercizio di un potere considerato “naturale”. Senza quel supporto, fatto di carne e passione, nessun ordine avrebbe potuto durare così a lungo, resistere alle discontinuità della storia, all’assalto delle nuove generazioni.
Quando le donne hanno cominciato a scostarsi dal posto in cui sono state messe -svilite o esaltate immaginariamente-, anche la collocazione dell’uomo ha perso i suoi contorni definiti e indiscutibili. La libertà, di cui ha creduto di godere la comunità storica maschile, svincolandosi dalle condizioni prime, materiali, della sua sopravvivenza, ha mostrato impietosamente la sua inconsistenza, portando allo scoperto un retroterra fatto di fragilità, paure e insicurezza.
(da L.Melandri, “Amore e violenza. Il fattore molesto della civiltà”, Bollati Boringhieri 2011)

Screen Shot 2016-06-13 at 8.12.52 AM

Un pensiero su “Teneri figli, feroci assassini

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...