Addio a Piera Pia

Addio a Pia Pera che ha dialogato fino alla morte col suo giardino.
“E’ cresciuta l’empatia. La consapevolezza che, non diversamente da una pianta, io pure subisco i danni delle intemperie, posso seccare, appassire, perdere pezzi. Non sono più un osservatore esterno. Mi trovo io stessa in balia. Questo ispira un sentimento di fratellanza col giardino.
Altrettanto indifesa, altrettanto mortale. Quasi fossi io il giardino”.

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Discutiamo sì, ma senza ”conflitti generazionali”

Articolo pubblicato il 28.07.2014 su La27ora

“Se c’è ignoranza di un lungo percorso di idee e pratiche sulla questione dei sessi, dobbiamo riconoscere che non sta da una parte sola: il femminismo che continua a mettere al centro l’uguaglianza, e quindi la tutela dei diritti del sesso svantaggiato, che premia talvolta la “rivalsa” femminile in nome del “politicamente” corretto, ha contribuito non poco a cancellare persino la memoria di quella rivoluzione culturale e politica che è stata la “presa di coscienza” di un dominio legato alle relazioni più intime: i corpi, la sessualità, le relazioni famigliari. ”

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Effetto contagio

Claudio Mencacci, presidente della società italiana di psichiatria (Il Fatto quotidiano):
“Non pubblicare più i nomi e le foto degli attentatori. Il motivo? Evitare possibili casi di emulazione, da parte di persone con disturbi psichici, che porterebbero implicitamente all’aumento esponenziale degli attentati, compiuti però da persone che non hanno quasi nessun collegamento con cellule terroristiche. A chiederlo è Claudio Mencacci, presidente della Società italiana di psichiatria. “A fronte dell’incapacità di prevenire tali atti di violenza – ha spiegato Mencacci – è evidente che si tratta di episodi di suicido allargato a cui la spettacolarizzazione garantita dalla stampa e dal web assicura audience. Ecco dunque che è molto alto il rischio di contagio fra adolescenti ad alto rischio emulativo“. Per lo psichiatra, quindi, “il pericolo reale in questi giorni è quello di un effetto contagio. Ecco perché andrebbe evitata l’eccessiva descrizione, ma anche l’involontaria trasformazione in atto eroico con una connotazione politica o religiosa forte, di azioni compiute da una persona con un disagio mentale. E’ fondamentale informare il pubblico circa minacce o azioni terroristiche, ma lo è anche contrastare in ogni modo il pericolo di emulatori”.

Una previsione allarmante

Articolo pubblicato il 24.07.2016

Di Michael Moore

Una previsione allarmante ma purtroppo verosimile di Michael Moore sulle elezioni americane.
“Questa era una rapida sbirciatina nella mente dell’uomo bianco, una specie in via di estinzione. Si ha l’impressione che il potere gli sia scivolao dalle mani, che il suo modus agendi non sia più seguito. Questo mostro, la “Feminazi”, quella che Trump ha definito una “cosa debordante sangue dagli occhi e non solo” ci ha sconfitti. Ed ora dopo aver sopportato per otto anni un uomo nero che ci diceva cosa fare, dovremmo rilassarci e prepararci ad accogliere i prossimi otto anni con una donna a farla da padrone? Dopodiché, per i successivi otto anni ci sarà un gay alla Casa Bianca! Poi toccherà ai transgender! Vedete che piega abbiamo preso. Finiremo col riconoscere i diritti umani anche agli animali ed un fottuto criceto guiderà il paese. Tutto questo deve finire.”

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Tutti vogliono qualcosa di Richard Linklater (di Cuter-Bianchi)

Articolo pubblicato il 24 giugno 2016

“Nel 1984 Bruce Springsteen – in quegli anni una vera e propria icona della mascolinità americana – include in quello che diventerà il suo album di più grande successo commerciale, Born in the U.S.A., una canzone che può essere considerata un paradigma per le descrizioni di amicizie maschili. Il pezzo, che si intitola Bobby Jean, è una specie di lettera d’amore indirizzata al suo chitarrista di allora, Stevie Van Zandt, che poco prima dell’uscita dell’album lasciò la band per intraprendere una propria carriera solista.”
“Questa dinamica dii accettazione come pari solo tra persone dello stesso sesso si ritrova in tutte le organizzazioni omosociali che spesso, per esorcizzare il legame omosessuale sul quale si fondano, esprimono il desiderio omoerotico tramite il linguaggio della violenza. Questo linguaggio può anche essere espresso in forme ludiche e non sfociare in vere e proprie pratiche di sopraffazione, ma va costantemente riprodotto (anche in forme depotenziate o parodiche) per ribadire la sostanziale appartenenza al gruppo dei dominanti e non dei dominati”

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Pensiero e corpo: fine di un’inimicizia?

Se si è costretti a parlare di “confini” tra corpo e linguaggio è perché abbiamo ereditato una visione del modo dualistica: il corpo visto come “oggetto” da parte di un “soggetto conoscente”, una relazione ostile che si esprime in controllo, violazione e sfruttamento, ma che per questo non ha mai abbandonato la nostalgia per l’armoniosa riunificazione di ciò che la storia ha diviso.
Dal momento che le condizioni materiali del vivere sono state identificate col sesso femminile, è attraverso il corpo della donna che l’uomo è andato cercando per secoli il mistero della sua esistenza, del nascere e del morire, della passione amorosa e della sofferenza.
Scostandosi dall’“atto sacrificale” con cui si è affermato nelle civiltà esistenti il principio paterno − come principio spirituale che trascende le leggi della natura −, Franco Rella , nel suo libro “Ai confini del corpo” (Garzanti 2012), porta allo scoperto una contraddizione evidente: non si può parlare, scrivere del corpo, senza interrogarsi sul soggetto conoscente, in quanto soggetto incorporato, sessuato, senza riportare su di sé l’interrogativo: “E io? E io e il mio corpo?”.
Da questa domanda , che rivoluziona la visione del mondo mettendo il soggetto maschile nella posizione associata tradizionalmente alla donna, alla passività, alla vergogna dell’“essere guardato”, prende avvio un saggio “audace e innovativo”, sia nell’esplorazione dei territori “impresentabili” dell’esperienza umana, sia nella ricerca di forme di “scrittura critica”, dove si danno insieme inseparabili pensiero ed emozioni.
Le linee guida di un viaggio che si lascia aperte volutamente strade, sorprese, ripensamenti, sono dunque essenzialmente due: forzare i confini del corpo, varcare sempre nuove soglie per addentrarsi nel suo mistero e dare parola alle passioni che lo abitano, gioie e patimenti, e al medesimo tempo interrogarsi su come “scrivere il corpo” evitando che si riduca alle parole che ne parlano.
L’esito è una scrittura che si interroga costantemente su se stessa, che vuole mantenersi fedele a un Io incorporato, diventare corpo pensante, amalgama di ragione e sentimenti, una scrittura che, se da un lato insegue l’opportunità di una “trama”, si lascia poi felicemente attrarre dalla “logica del frammento”.
A prevalere sulla forma tradizionale del saggio è il “movimento erratico del pensiero” che come una “deriva morenica” si ingrossa via via che avanza, incorporando materiali eterogenei: letteratura, arte, filosofia, schegge narrative, frammenti di esperienza propria, eventi tecno-politici. La parola che tenta di avvicinarsi al “cuore di tenebra” della civiltà e di ogni individuo non può che essere una “parola vacillante”, un filo teso che in ogni istante può spezzarsi. È questa consapevolezza che, impedendo al singolare percorso di pensiero e di scrittura di Rella di fermarsi all’incontro di letteratura, arte e filosofia, gli permette di entrare in un terreno fatto di “ossessive iterazioni, note, aforismi, soprassalti della coscienza”.

L’amore, dopo la morte – di Stefano Bartezzaghi

Articolo pubblicato il 10 luglio 2016

Sull’amore, il tradimento la violenza ed altro.
Un bellissimo articolo di Stefano Bartezzaghi.
“Una delle più antiche testimonianze della parola «enigma» deriva dal brano del Simposio in cui Platone dice non che ognuno dei due è l’enigma dell’altro, ma che ognuno, davanti all’altro, si pone l’enigma di sé stesso: non conosce la domanda che fa all’altro, non sa cosa vuole.”

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Cartier Bresson

 

Così il movimento delle donne curde sta cambiando la politica in Turchia – di Viviana Mazza

Articolo pubblicato il 28. VI. 2016 su La27ora

” Peraltro, l’Hdp è una forza tutta politica, l’aspetto militare per noi non è quello più significativo ma è la dimensione politica di questa lotta di emancipazione che ha un enorme livello di visibilità in Turchia. La co-rappresentanza in Turchia equivale alla violazione di un tabù, il fatto che una donna come me abbia la possibilità di misurarsi da pari e di criticare su tutti i media un uomo come Erdogan è un dato che semplicemente uomini come lui non sopportano, è una cosa intollerabile, fisicamente insostenibile”.

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Sotirios Pastakas, ‘Corpo a corpo’

Ho apparecchiato la tavola per uno.
Solo per me. Ho acceso la tv.
Mi sono seduto. Per salvare il capitalismo
sono richiesti sacrifici a tutti noi.
Il telefono ha squillato. Mi hai chiesto
se potevi venire.
Potevi. Ho spento la tv.
Mi sono alzato. Il capitalismo
sanguina e sta morendo. Ho pensato.
Ho cambiato la tovaglia.
Ho apparechiato la tavola per due.

Sotirios Pastakas, Corpo a corpo, Multimedia Edizioni, 2016

Έστρωσα το τραπέζι για έναν.
Για μένα. Άναψα την τιβί.
Κάθισα. Για να σωθεί ο καπιταλισμός
απαιτούνται θυσίες απ’ όλους μας.
Χτύπησε το τηλέφωνο. Ρωτούσες
αν μπορούσες να περάσεις.
Μπορούσες. Έσβησα την τιβί.
Σηκώθηκα. Ο καπιταλισμός
αιμορραγεί και πεθαίνει. Είπα.
Άλλαξα τραπεζομάντιλο.
Έστρωσα το τραπέζι για δύο.

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(πίνακας: Edward Hopper (July 22, 1882 – May 15, 1967))

Odio gli indifferenti – Antonio Gramsci

 

11 febbraio 1917

Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.
L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?
Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.
Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.

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