Quanto conta il silenzio maschile?

Articolo pubblicato il 19.VII.2016 su comune-info.net

La recente sequenza di femminicidi deve aver fatto cadere, da parte maschile, alcune delle resistenze più forti a interrogarsi come «genere», a chiedersi se la «follia omicida» di pochi non sia imparentata, nel profondo di «antiche e oscure emozioni» – come le chiama Virginia Woolf -, con l’idea di «virilità» di cui sono improntati sia la cultura alta che il senso comune.

«Viviamo ancora, noi maschi in Italia – scriveva Nicola Lagioia sulla prima pagina di Repubblica (il 10 giugno scorso – in un contesto che ci mette in una posizione di predominanza. Quanto ne siamo consapevoli? Quanto, consapevolmente o meno, cediamo alla tentazione di contribuire a cementare un modello che ci vede in differenti blocchi di partenza rispetto alle donne? E quanto siamo tentati di trasferire questo modello nel privato delle nostre relazioni sentimentali?».

Altalenando tra riflessioni più teoriche e testimonianze di vita personale, la parola degli uomini parla oggi con una coscienza di sé e della propria storia che il femminismo sollecitava da anni e che finora non era andata oltre la pratica politica di gruppi ristretti, come Maschile Plurale.

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