C’è bisogno di riconoscere il contributo, oggi più che mai attuale e necessario, della cultura politica anomala dei movimenti delle donne, che sono partiti dal quotidiano e dalle relazioni primarie, per ripensare il mondo e il modo con cui cambiarlo.
A venire meno è stata la spinta utopistica, e proprio per questo più incisiva, che aveva riposto in una pratica come l’“autocoscienza” – la narrazione e la riflessione collettiva sul vissuto personale – il nesso mancante alla politica tradizionalmente intesa tra la modificazione di sé e la modificazione del mondo. Ma come il passato insegna, le esigenze più radicali di un’epoca hanno vita breve e intensa ma possono ricomparire, inevitabili e imprevedibili come il desiderio, in una stagione successiva.
Articolo apparso il 6 novembre 2016 su Comune-info.net, per leggerlo clicca qui