Repetita…

“E’ importante perciò che si dica che la violabilità del corpo femminile – la sua penetrabilità e uccidibilità – non appartiene all’ordine delle pulsioni “naturali”, ai raptus momentanei di follia, o alla arretratezza di costumi “barbari”, stranieri, ma che sta dentro la nostra storia, greca romana cristiana, a cui si torna oggi a fare riferimento per differenziarla dalla presenza in Europa di altre culture.”

Articolo pubblicato il 24 nov. 2015 su ‘L’Internazionale’, fonte

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‘Storie e contraddizioni da superare nella giornata contro la violenza sulle donne’

“Il 26 novembre si terrà a Roma una manifestazione promossa da una vasta rete nazionale i cui slogan “Io decido”, “Non una in meno” dicono della rabbia crescente di chi ha sopportato troppo a lungo gli ostacoli frapposti alla propria libertà, al proprio piacere – dalla violenza manifesta alle pressioni psicologiche, alla condanna morale. Non sarà un caso che con tanta tempestività papa Bergoglio conceda a nome della chiesa il perdono alle donne che abortiscono, considerate “assassine” da tutte le religioni e da tanti “rispettabili” governi del mondo. Si può dire che le folle oceaniche che si sono viste negli ultimi tempi colorare le piazze, dall’Europa all’America Latina, hanno lasciato il segno. Ma chi “perdonerà” gli uomini per aver imposto con un asservimento violento la loro sessualità procreativa, costretto le donne a mettere a rischio la loro vita, prima per assecondare i bisogni e desideri altrui, oggi per affermare i propri?”

Articolo pubblicato sull’ ‘Internazionale’ il 24.XI.2016, per leggerlo clicca qui 

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La violenza sulle donne non è un’eccezione

‘Il dominio dell’uomo sulla donna si distingue da tutti gli altri rapporti storici di potere per le sue implicazioni profonde e contraddittorie. Innanzi tutto, la confusione tra amore e violenza: siamo di fronte a un dominio che nasce e si impone all’interno di relazioni intime, come la sessualità e la maternità. Ci sono parentele insospettabili che molti non riconoscono o che preferiscono ignorare. La più antica e la più duratura è quella che lega l’amore all’odio, la tenerezza alla rabbia, la vita alla morte. Si distrugge per conservare, si uccide per troppo amore, si idealizza l’appartenenza a un gruppo, una nazione, una cultura, per differenziarsi da chi ne è fuori, visto come nemico.

In uno dei suoi saggi più famosi – Il disagio della civiltà (1929) – Freud, dopo aver descritto Eros e Tanatos, amore e morte, come due pulsioni originarie, è costretto a riconoscere che sono meno polarizzate di quanto sembri. E dove l’intreccio è più sorprendente è proprio nel rapporto con l’oggetto d’amore.’

Articolo pubblicato sull’ ‘Internazione’ il 25.XI.2014, per leggere l’articolo completo clicca qui

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‘L’eterno ritorno di patria, famiglia e autoritarismo’

“Forse non è stata fatta abbastanza attenzione al fatto che, con il venire meno dei confini tra privato e pubblico, cambiava anche la figura astratta del “cittadino”, soggetto delle democrazie moderne, e dell’individuo produttore e consumatore, responsabile della sua vita e del suo futuro, a cui fanno riferimento le politiche neoliberiste.”

Articolo pubblicato sull’ ‘Internazionale’ il 18.XI.2016, per leggerlo clicca qui.

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Il corpo delle donne è ancora terreno di conquista per giudici e stupratori

Articolo pubblicato il 29 luglio 2016 su ‘L’Internazionale’

“Se si vogliono scalzare gli stereotipi di genere, che sono alla base dei rapporti di potere tra uomo e donna, ma anche del perverso legame tra amore e violenza, è alla cultura alta e alla sua presunta “neutralità” che bisogna guardare con coraggio e senso critico.”
(…)
“Un grande passo avanti è stato riconoscere che la violenza maschile contro le donne è un “fatto strutturale” e non un’emergenza, un caso di cronaca nera, o la patologia di un singolo. Ma su quali siano le “strutture”, i “fondamenti” a cui deve la sua durata, la tendenza a ripetersi nell’indifferenza di tempi, luoghi, generazioni, poco si è detto, se non che rimandano a una “normalità” ancora da indagare nei suoi risvolti “perturbanti”.
La manifestazione a Firenze, il 28 luglio 2015. (Aleandro Biagianti, Agf)

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Cosa si nasconde dietro la difesa della famiglia tradizionale

Articolo pubblicato su ‘L’Internazionale’ il 24 giugno 2015

La piazza piena di San Giovanni, in occasione della manifestazione del 20 giugno in difesa della famiglia tradizionale, non deve trarci in inganno: il cambiamento è già avvenuto e saranno proprio i figli, per la difesa dei quali padri e madri hanno deciso di manifestare, a viverlo con minori traumi e incertezze.

Dietro le proteste per l’apertura della scuola alle tematiche riguardanti la sessualità e le differenze di genere, non c’è solo il timore di veder crollare quelli che sono stati finora i fondamenti della genitorialità e dei ruoli familiari. Ben più profonda, radicata nell’atto fondativo delle civiltà a cui ha dato vita una comunità storica di soli uomini, è l’incertezza di una posizione “virile” perennemente minacciata dallo stesso impianto sociale che dovrebbe sostenerla: un legame di interessi, amicizie, amori, ideali condivisi tra simili. L’esclusione delle donne dalla scena pubblica non ha impedito che il “femminile” continuasse ad abitare questo impianto sociale, in quanto allo stesso tempo cemento indispensabile e mina vagante all’interno di una collettività omosociale.

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Il piano contro la violenza sessuale è un’occasione mancata

Articolo pubblicato il 12 giugno 2015 su ‘L’Internazionale’

Il piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, approvato il 7 maggio, nasce dal lungo e paziente lavoro volontario dei centri antiviolenza. Oltre che dall’impegno di larga parte del femminismo per far uscire la violenza maschile contro le donne dal confinamento nei casi di cronaca nera, nella patologia, nelle conseguenze del degrado sociale e dell’arretratezza di culture straniere. Ma di questo “precedente” storico, culturale e politico, benché ampiamente documentato, nella premessa del piano non c’è traccia.

Si parla di “fenomeno strutturale”, dovuto a rapporti di potere diseguali tra i sessi, della necessità di un “sistema integrato di politiche pubbliche” per la salvaguardia e promozione dei diritti umani delle donne, di azioni a favore delle vittime e interventi di contrasto alla violenza di genere, associata – nella ratifica alla convenzione di Istanbul (15 ottobre 2013, legge 119) – “alle disposizioni urgenti in materia di sicurezza” e “protezione civile”.

Il primo e unico passaggio in cui viene riconosciuta ai centri antiviolenza una “rilevanza” particolare e un legame con il femminismo, si trova negli “Obiettivi del piano”. Da quel punto in avanti saranno sempre accomunati, senza alcuna distinzione, alla realtà del privato sociale, del terzo settore, dell’associazionismo governativo.

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Da ‘L’Internazionale’: il femminismo preso in ostaggio dall’antipolitica

Articolo pubblicato il 16 marzo 2016:

‘In un articolo uscito sul quotidiano La Stampa, Francesca Sforza si pone una domanda interessante: “E se la scomposta maratona per l’emancipazione femminile – disseminata di ostacoli, ritardi, false partenze e fughe in avanti – passasse anche per il populismo?”.

Seguono esempi, europei e italiani: Marine Le Pen in Francia, Beata Szydło in Polonia, Frauke Petry in Germania, e nel nostro paese Virginia Raggi e Chiara Appendino, candidate a Roma e Torino dal Movimento 5 stelle – “tutte diverse, tutte donne, ognuna capace di usare un linguaggio che colpisce nel segno di un elettorato deluso, sfiancato, impoverito, arrabbiato”.

Il loro successo verrebbe dall’aver portato nel loro impegno politico doti femminili tradizionali: “parole concrete”, il “modo rassicurante che hanno le casalinghe quando fanno i conti delle entrate e delle uscite in una famiglia”, volti materni, “salti mortali” per tenere insieme responsabilità pubbliche e vita privata. Anche Angela Merkel, vista sotto questo profilo, appare come “la donna che i tedeschi amavano fino a che si comportava come una brava amministratrice di condominio, ma che hanno smesso di amare quando ha deciso di passare alla storia”.’

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