Il ’68 delle donne

NON UNA DI MENO – Verso lo Sciopero Internazionale delle Donne dell’ 8 marzo 2017: Il ’68 delle donne.
Le esigenze radicali, che hanno fatto la loro comparsa in un particolare momento della storia, sono destinate a riemergere e a cercare la realizzazione che si è rivelata in tempo “impossibile”.
Tale è la storia dei CONSULTORI :nati negli anni ’70 dalle pratiche del femminismo, come l’autocoscienza, creati in forma autogestita dai collettivi di Medicina delle donne e poi istituzionalizzati, nel 1975, con la conseguente perdita dell’autonomia e del progetto politico femminista che si erano dati inizialmente.
Nel libro di Luciana Percovich, “La coscienza nel corpo. Donne, salute e medicina negli anni Settanta” (collana Letture d’archivio, Fondazione Badaracco-Franco Angeli 2005) a p. 62 si legge:
“La nostra controparte nella lotta non è la Medicina ma lo Stato che, attraverso la Medicina e l’organizzazione sanitaria, vuole continuare ad espropriarci del nostro corpo, trasformato in strumento del lavoro domestico di riproduzione materiale e cioè fisica, affettiva e sessuale del marito, e di riproduzione biologica e affettiva dei figli.”
Fa piacere perciò ritrovare oggi, sul Report del Tavolo “Diritto alla salute sessuale e riproduttiva” (Assemblea nazionale 4-5 febbraio 2017 a Bologna), tra altre richieste importanti e radicali, questo passaggio:
“Il ruolo dei CONSULTORI deve essere politicizzato e rimesso al centro: i consultori devono tornare a essere aperti e accoglienti, liberi e gratuiti, diffusi nel territorio. Per perseguire questo obiettivo è necessario rimettere in discussione il processo di istituzionalizzazione che li ha sottratti alle donne trasformandoli in meri servizi socio-sanitari comunque di serie C. Riappropriarsi dei consultori significa quindi recuperarli alla funzione di spazi in cui sessualità, piacere e autodeterminazione assumono piena centralità.
Vogliamo tornare a vivere i consultori come luoghi di aggregazione e centri culturali, che rispondano alle esigenze e ai desideri delle donne e delle soggettività Lgbtqi. Vogliamo consultori in grado di promuovere e tutelare il diritto alla salute delle persone transgender, queer, gay, bisex, e intersex, vogliamo che i consultori diventino luoghi capaci di accogliere e riconoscere le molteplici identità di genere che un individuo può sperimentare nella sua vita, nonché accogliere e riconoscere qualsiasi tipo di orientamento sessuale.”

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“Sui nostri corpi, sulla nostra salute e sul nostro piacere decidiamo noi!”

Non Una Di Meno

L’8 marzo vogliamo ribadire che la nostra AUTODETERMINAZIONE SESSUALE E RIPRODUTTIVA non si tocca, che sul nostro piacere, sulla nostra salute, sulle nostre scelte e sui nostri corpi decidiamo noi, che siamo orgogliosamente anomale, sproporzionate, poco produttive e disfunzionali. L’8 marzo scioperiamo: ci asteniamo dall’attività produttiva e riproduttiva per riappropriarci dei nostri corpi. Perché ogni giorno delle nostre vite vogliamo sottrarci alla violenza medica e ostetrica, liberare le nostre scelte, godere pienamente di tutto ciò che i nostri corpi possono e desiderano. Crediamo che lottare per la nostra salute sessuale e riproduttiva voglia dire riappropriarci del nostro piacere e mettere in discussione le logiche medicalizzanti e patologizzanti.
Scioperiamo per reclamare il diritto all’aborto libero e perché nessuna sia obbligata alla maternità”
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Sosteniamo Zingaretti e il bando dell’Ospedale San Camillo di Roma contro chi non ha il coraggio di attaccare direttamente la Legge 194 e usa tutti i mezzi per renderla inapplicabile. Facciamo in modo che diventi un esempio, una “buona pratica” per tutti gli ospedali dove la presenza pressoché esclusiva di obiettori di coscienza impedisce di fare aborti.
“Giuseppe Lavra chiede al presidente della Regione Lazio di revocare l”’atto iniquo” della assunzione di due medici sulla base di un concorso per non obiettori all’aborto. Lavra chiede anche che il Comitato Centrale della Federazione nazionale, la FNOMCEO, di pronunci su questa vicenda. “Prevedere un concorso soltanto per non obiettori di coscienza – spiega – ha il significato di discriminazione di chi esercita un diritto sancito dalla bioetica e dalla deontologia medica”.
Pronta la replica della Regione Lazio: “Le procedure avviate oltre un anno fa, per completare l’organico dei servizi dedicati alle prestazioni assistenziali relative all’applicazione della legge 194 presso l’ospedale San Camillo, – spiega una nota – non contengono alcuna forma di iniquità poiché non vi è nel testo del decreto alcun accenno o riferimenti,tra i requisiti previsti,all’obiezione di coscienza, ma una specifica indicazione delle funzioni da svolgere per le prestazioni assistenziali legate all’erogazione del servizio.”
(Il Fatto Quotidiano)

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Sul San Camillo

Condivido il post di T. Di Martino
La decisione dell’Ospedale San Camillo deve diventare un esempio per tutti gli ospedali.
3 anni fa eravamo in piazza a difendere la 194 e denunciare l’obiezione di coscienza negli ospedali pubblici del Lazio. Oggi il caso San Camillo ci dice che qualcosa si è mosso, che il presidio delle donne funziona e che se anche i tg parlano di ‘via crucis delle donne che scelgono di abortire’, la performance di piazza del Popolo ha lasciato una traccia. Non ci fermiamo! Ci vediamo #LottoMarzo

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