Facciamola finita col Cuore e la Politica

Repetita

Quando il cuore e la politica perderanno la maiuscola,
nessuno si meraviglierà se vede crescere giardini in mezzo ai casermoni urbani
e donne costruire palazzi
di città sconosciute.

“Se hanno dovuto faticosamente, tra mille inganni e ostacoli, “prendere coscienza” di un’oppressione, peraltro evidente, e sopportare che questa lucidità si rivelasse estremamente fragile, pronta a scomparire dopo ogni piccola conquista, gli uomini, ragionando su una rappresentazione del mondo prodotta dalla storia dei loro simili hanno evidentemente una via di accesso più facile alla messa a nudo del sessismo, delle logiche d’amore e di violenza che lo sostengono, nonostante i progressi della civiltà. Perché allora quella difesa estrema, sempre meno convinta eppure ostinata, della neutralità, che si esprime non solo nel cancellare dalle analisi politiche il rapporto tra i sessi, ma anche in quella copertura che è la sua distorta collocazione tra le questioni sociali: emarginazione, cittadinanza incompleta, sfruttamento economico, beni comuni, ecc.?”

 

“Per quanto riguarda gli uomini, viene invece il sospetto che “sappiano” e che sia proprio l’evidenza del privilegiotoccato loro storicamente e diventato “destino”, copione di comportamenti obbligati, a dover essere in qualche modo aggirata, perché colpevolizzante e quindi innominabile.

La comunità storica maschile ha visto cadere imperi, muraglie, confini, odi che sembravano irriducibili, eppure esita a far cadere le fragili pareti che separano la sua civiltà dalla porta di casa, l’immagine della sua “virilità” pubblica dalla posizione di figlio,fratello, padre, marito, amante.”

Articolo pubblicato su Comune-info.net il 25 ottobre 2015, ‘Il circolo degli uomini e i privilegi rimossi’

 

Un titolo ad effetto su D La Repubblica

Un titolo che fa torto anche all’ articolo, per certi versi più articolato e contraddittorio.
Soprattutto un titolo profondamente diseducativo rispetto alla convinzione, oggi più condivisa che in passato, che la violenza maschile contro le donne vada affrontata attraverso processi formativi ed educativi fin dall’infanzia, sapendo quanto siano precoci i pregiudizi sessisti e razzisti derivanti dalla cultura che abbiamo ereditato da secoli di dominio maschile.

Quando si parla di “capire”, il riferimento non sono solo le ragioni “sociali e psicologiche” ma il portato di una ideologia che è stata per secoli il fondamento della nostra come di altre civiltà, della cultura alta, così come del senso comune.

È dentro questa cultura, che ha visto un potere -quello maschile- innestarsi e confondersi con le vicende più intime (la maternità, la sessualità), che vanno collocati e “capiti” i comportamenti violenti dei singoli o dei gruppi, con tutto il loro carico di patologia, responsabilità e storia.

Come spiegare altrimenti che molti uomini, anche giovani, intervistati, stando a quanto si legge nell’articolo, rispondono di non riuscire a “fare un collegamento tra sesso non consensuale e stupro”, che uno studente su quattro risponde che ” è colpa del desiderio”?
Non sarebbe forse il caso di cominciare a chiedersi che cosa è stato ed è ancora purtroppo, nell’immaginario e nella cultura di tanti uomini ( ma anche donne) quello che chiamiamo “amore” “desiderio”, “consenso”, ecc.?

Smettiamola soprattutto di confondere in modo così semplicistico “capire” con “giustificare”.

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Repetita…

“E’ importante perciò che si dica che la violabilità del corpo femminile – la sua penetrabilità e uccidibilità – non appartiene all’ordine delle pulsioni “naturali”, ai raptus momentanei di follia, o alla arretratezza di costumi “barbari”, stranieri, ma che sta dentro la nostra storia, greca romana cristiana, a cui si torna oggi a fare riferimento per differenziarla dalla presenza in Europa di altre culture.”

Articolo pubblicato il 24 nov. 2015 su ‘L’Internazionale’, fonte

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Aborto. La grande ossessione dell’immaginario maschile…

“Si discute molto in questo momento della scelta di fare o non fare figli, e della violenza quotidiana che subiscono le donne per lo più da parte di uomini con cui hanno intrattenuto legami amorosi e famigliari. Come si fa a non vedere il legame fra due questioni di primo piano nel rapporto tra i sessi e il ritorno di quella grande ossessione della cultura maschile più conservatrice, fatta propria purtroppo anche dalle donne, che è l’interruzione volontaria di gravidanza?

La grande ossessione che attraversa la storia fin qui conosciuta del rapporto uomo-donna è chiaro che riguarda essenzialmente la maternità, vista come destino naturale o obbligo procreativo per la donna: madre sempre e comunque, anche quando è solo moglie, figlia, sorella, compagna di vita; snaturata se non fa figli o se li uccide allo stato embrionale, ma anche se decide di abbandonare il luogo dove l’uomo si aspetta di trovarla -la casa, la famiglia, la cura del suo benessere e del suoi interessi.

La violenza maschile ha molti aspetti –da quelli più selvaggi e manifesti a quelli più invisibili, che si ammantano di sacralità e rispetto dei più alti valori umani- , ma un obiettivo sempre più evidente: impedire che le donne trovino il senso della propria vita in se stesse, e non nell’essere al servizio o in funzione dell’altro, nel rifiuto di conformarsi a modelli che contrastano coi loro desideri, a essere, come sono sempre state un «mezzo per un fine», nella sessualità come nella procreazione e nelle forme più elevate dell’amore.”

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Sull’opera lirica

“Più vicina alle ragioni profonde del cuore, e sostenuta dal linguaggio dotto della musica, l’opera lirica si muoveva indifferentemente tra i grandi teatri cittadini, le impalcature innalzate all’aperto dentro la cornice scenografica del Pavaglione di Lugo, e il più modesto Teatro Corelli di Fusignano.

Dietro paludamenti solenni, che davano a un dramma quotidiano la misteriosita’ di un evento fatale, la romanza conosceva la strada dei campi come la canzonetta, e se i bar del paese straboccavano per il Festival di San Remo, nelle case isolate dei dintorni un religioso gruppo infreddolito si stringeva intorno alla radio che trasmetteva l’opera, il sabato sera.

Personaggi famigliari a chi non aveva trovato posto nella famiglia della storia, la Traviata, il Trovatore, Aida e Madama Butterfly, venivano a coprire un vuoto di memoria, e a un ascoltatore rassegnato al silenzio parlavano la lingua tragica dell’origine.

Preziosa eredità per l’esule di una patria troppo ricca e troppo avara, la voce della lirica conforta una memoria lenta e ricalcitrante, e dissuade la corsa di un pensiero ostile agli umori caldi del corpo”

*da L.M. “Alfabeto d’origine” Neri Pozza (di prossima pubblicazione)

Il corpo

Riprendo un articolo di un anno fa in vista di un incontro a Roma a fine ottobre, con le Cattive Maestre, che hanno riattualizzato, con mio grande piacere, le esperienze del movimento non autoritario e del femminismo riguardanti le problematiche del corpo.

“Si fissa per la prima volta l’attenzione su quella zona intermedia, che sta tra i poli astrattamente contrapposti di natura e cultura, che è il “vissuto”, percezione di sé sospesa tra sogno e realtà, inconscio e coscienza, memoria remota della specie e riflesso di un particolare contesto storico.”

Articolo pubblicato il 25 settembre 2016 su Comune-info.net, fonte 

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Se il sessismo cominciassimo a cercarlo nella cultura alta?

Suggerimenti per chi insegna…e per chi vuol capire qualcosa di più sulla violenza maschile, manifesta o invisibile, contro le donne.

Se il sessismo cominciassimo a cercarlo nella cultura alta? Per esempio nella pedagogia di J.J. Rousseau?

Invece di limitarsi a contrastare una delirante “teoria del genere”, agitata come spauracchio contro ogni cambiamento del rapporto uomo-donna che cominci dall’educazione primaria, sarebbe molto più utile portare l’attenzione sui testi che, proprio attraverso la scuola, hanno protratto fino ad oggi la definizione di comportamenti, ruoli, identità del maschio e della femmina.

Un esempio. Alle donne è stato imposto di non esprimere i loro desideri, amorosi, sessuali, nei confronti dell’uomo, ragione per cui non hanno avuto altra possibilità che farli passare per vie indirette: la seduzione –l’uso erotico del loro corpo-, le cure materne estese a uomini adulti e perfettamente autonomi. Rendersi ‘desiderabili’ o ‘indispensabili’ è stato finora l’unico modo, non solo per esercitare un potere sostitutivo di altri poteri negati, ma anche per dare corso in qualche modo ai loro più inconfessabili sentimenti, sogni, emozioni e bisogni.

C’è una ragione che spieghi perché alle donne non sono stati tolti solo i poteri economici, sociali, culturali e politici, ma anche quello di essere “soggetto di desiderio”, a pari dell’uomo, messe cioè in condizione di vivere rapporti di reciprocità anche sul piano sentimentale, affettivo, sessuale?

La risposta, semplice e chiara tanto da essere esposta senza alcuna remora in un opera pedagogica, l’ha data il padre della democrazia moderna: Jean-Jacques Rousseau.

Le donne hanno due potenti “attrattive” –la seduzione e la maternità-, entrambe già presenti in quel corpo che l’uomo incontra alla nascita, in posizione di estrema dipendenza e inermità. Come tenerle a bada, se non incanalandole da subito in funzione dei suoi bisogni, della sua felicità, del suo piacere?

Ed ecco l’indicazione pedagogica, che si legge nell’ Emilio di Rousseau, e che ancora impronta l’educazione di genere, nonché il senso comune:

“Dipendono quindi dai nostri sentimenti, dal valore che attribuiamo ai loro meriti, dall’importanza che diamo alle loro attrattive e alle loro virtù. Proprio per legge della natura le donne, sia per se stesse che per i loro figli, sono alla mercé del giudizio degli uomini: non basta che siano degne di stima, bisogna che siano effettivamente stimate; non basta che siano belle, bisogna che piacciano; non basta che siano sagge, bisogna che siano riconosciute per tali; il loro onore non risiede soltanto nella loro condotta, ma nella loro reputazione (…) ciò che si pensa di lei non è meno importante di ciò che realmente ella è.”

“La buona complessione fisica dei figli dipende innanzi tutto da quella delle madri; la prima educazione degli uomini dipende dalle cure che le donne prodigano loro; dalle donne infine dipendono i loro costumi, le loro passioni, i loro gusti, i loro piaceri, la loro stessa felicità. Così tutta l’educazione delle donne deve essere in funzione degli uomini. Piacere e rendersi utili a loro, farsene amare e onorare, allevarli da piccoli, averne cura da grandi, consigliarli, consolarli, rendere loro la vita piacevole e dolce; ecco i doveri delle donne in ogni età della vita e questo si deve loro insegnare fin dall’infanzia.”

“Perché fare attenzione a quello che dice la loro bocca, se non è con essa che devono parlare? Osservate piuttosto i loro occhi, il colore del loro volto, il loro respiro, il loro aspetto spaurito, la loro debole resistenza: è questo il linguaggio che la natura ha dato loro per rispondervi. La bocca dice sempre di no, e deve dirlo; ma il tono con cui lo dice non è sempre lo stesso, e questo tono non può mentire. La donna non ha forse gli stessi bisogni dell’uomo, senza avere lo stesso diritto di manifestarli? (…)

Non ha bisogno di un’arte particolare, quella di far capire le sue intenzioni senza scoprirle apertamente? E quanta scaltrezza le occorre, perché le venga strappato ciò che tanto ardentemente brama concedere! Quanto è importante che impari a far presa sul cuore dell’uomo senza avere l’aria di pensare a lui!”

“…la sua violenza risiede nelle sue attrattive ed è con queste che deve costringerlo a trovare in sé la forza e ad usarla. Il modo più sicuro per eccitare tale forza è di renderla necessaria offrendo resistenza. Allora l’amor proprio si unisce al desiderio e l’uomo trionfa della vittoria che la donna lo ha stimolato a riportare. Di qui nascono l’attacco e la difesa, l’audacia di un sesso e la timidezza dell’altro, infine la modestia e il pudore di cui la natura ha armato il debole per asservire il forte.”

“L’uno deve essere attivo e forte, l’altro passivo e debole; è necessario che l’uno voglia e possa, è sufficiente che l’altro opponga poca resistenza. Stabilito questo principio, ne consegue che la donna è fatta soprattutto per piacere all’uomo. Se è vero che l’uomo deve a sua volta piacerle, questa è una necessità meno immediata: il suo merito è nella sua potenza; egli piace per il fatto stesso che è forte. Non è questa le legge dell’amore, lo ammetto, ma è quella della natura, anteriore all’amore stesso.”

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A proposito della sequenza inarrestabile di stupri e femminicidi degli ultimi giorni…

A proposito della sequenza inarrestabile di stupri e femminicidi degli ultimi giorni, Dacia Maraini su La Stampa di oggi scrive: “Sono uomini apparentemente normali, bravi ragazzi, padri di famiglia, ma non reggono alla perdita del privilegio, del potere. Non reggono allo smacco, alla sconfitta. Non si uccide per amore, si uccide quando si perde qualcosa e non si sopporta di averla perduta.”

L’ amore c’entra invece, per tutte le ambiguità e contraddizioni che si porta dietro, così come c’entra una fragilità maschile che va interrogata alla luce della consapevolezza nuova che abbiamo oggi di un potere -dell’uomo sulla donna- innestato e confuso profondamente con le esperienze più intime, come la sessualità, la maternità, i legami famigliari. Come si spiega altrimenti il fatto che le donne, oggi più consapevoli e libere, ancora fanno fatica a riconoscere nell’uomo violento un pericolo, ancora sopportano a lungo maltrattamenti, ancora accettano di presentarsi a un appuntamento pur sentendone i rischi?
Possessivita’ e paura degli abbandoni nell’amore non sono solo dell’ “immaturità” maschile, ma di entrambi i sessi e di tutte le forme di amore, tra diversi e tra simili. Maschile è il potere con cui l’uomo ha fatto del suo primo oggetto d’amore -la donna madre- anche la garanzia della sua sopravvivenza materiale affettiva e psicologica, del matrimonio e della divisione sessuale del lavoro il prolungamento della sua infanzia, con ruoli rovesciati.

‘Amore’, di Stefano Levi Della Torre

Cominciamo dall’alfabeto dei sentimenti primari…

Che possibilità hanno di entrare nella scuola i libri che nascono a seguito della rivoluzione culturale del femminismo sui temi del corpo, della sessualità, della maternità e dell’amore?

Un libro interessante, a questo proposito:
Stefano Levi Della Torre, “Amore”, Rosenberg & Sellier, Torino 2013.

Frammenti

“Ci si può innamorare per il desiderio di essere amati, o anche per il bisogno inesauribili di sentirsi amati. La psicologia e in particolare la psicoanalisi hanno fatto luce su una stimmate originaria, più o meno sanguinante in ogni essere umano: la ferita inevitabile subita nell’infanzia dal nostro desiderio di essere infinitamente amati, desiderio che si scontra col fatto che la prima dispensatrice reale immaginario di questo amore, la madre, non è parte di noi ma è persona distinta , capace di assenza e di imporci confini.
Questa disillusione è un viatico che ci apre alla realtà del mondo, alla realtà dei nostri limiti e della nostra separatezza individuale, e resta un rumore di fondo doloroso di ogni nostra esperienza affettiva.
E’ la disillusione in agguato che può trasformare la libertà del nostro desiderio nella schiavitù di un bisogno. Sì che siamo spesso portati a chiedere amore a chi ce lo nega (almeno nel’infinito che vorremmo), quasi a ritornare in un “gioco dell’oca” a quella casella di partenza per rilanciare i dadi, sperando in un altro esito che smentisca quella ferita iniziale e ci guarisca per sempre.”

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‘Il patriarca lascia il posto all’uomo femmina…

…ma è una partita tra maschi’

Dalle testimonianze e dalle inchieste che si vanno moltiplicando sulle esperienze di leadership femminile, emerge con chiarezza che è proprio la convergenza tra una crisi di sistema alla ricerca di nuove “risorse” e la tentazione mai tramontata nell’aspettativa di cittadinanza completa delle donne di vedere riconosciuto il “valore imprescindibile” della loro differenza, a ricomporre fuori dall’ambito domestico il sogno di armonia che è stato finora della coppia degli innamorati. Viene il sospetto che la civiltà che abbiamo ereditato non abbia mai smesso di attingere, materialmente e simbolicamente, alle “risorse” che ha confinato fuori dalla polis, perché restassero immobili, eternamente uguali come le leggi di natura. 

Troppo spesso si dimentica che le figure della differenza di genere, nella loro gerarchia e complementarità, strutturano rapporti di potere ma conservano anche il desiderio primordiale di un ideale ricongiungimento, la promessa del ritorno all’unità a due della nascita: fare di due nature diverse un solo essere armonioso. È questa “essenza di Eros”, l’amore nella sua forma originaria, che attraverso l’oblatività femminile, la dedizione alla cura dell’altro, mantiene la famiglia e per estensione la società stessa dentro vincoli di un’infantilizzazione tenera e violenta, dipendenze e prestazioni “ancillari” coperte da illusioni salvifiche?

Articolo pubblicato il 24 aprile 2016 su Corriere.it