La vita straordinaria di Maria Giudice raccontata da Giuseppe Felice Turani

“Nell 1916 il grande salto: il Psi la manda a Torino, e sarà la prima donna a dirigere la Camera del Lavoro di quella città. Viene anche eletta segretaria della locale federazione del Psi. E dirige il giornale “Grido del Popolo”, che poi passerà nelle mani di Antonio Gramsci.”

“Nel 1927 il regime fascista non sopporta più questa rivoluzionaria venuta dal nord. In Sicilia ha fondato un giornale, i cui uffici spesso sono dati alle fiamme, e una volta lei e il marito si salvano scappando da una finestra appesi a un lenzuolo.”

“Sono anni in cui si dedica allo studio, soprattutto greco e latino, con gruppi di studenti, oppositori del regime, amici e compagni che girano per le stanze e che discutono di tutto. La figlia Goliarda racconterà: “Si passava dall’ultimo lavoro di Rosa Luxemburg ai romanzi di Dostoevskij”

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Facciamola finita col Cuore e la Politica

Repetita

Quando il cuore e la politica perderanno la maiuscola,
nessuno si meraviglierà se vede crescere giardini in mezzo ai casermoni urbani
e donne costruire palazzi
di città sconosciute.

“Se hanno dovuto faticosamente, tra mille inganni e ostacoli, “prendere coscienza” di un’oppressione, peraltro evidente, e sopportare che questa lucidità si rivelasse estremamente fragile, pronta a scomparire dopo ogni piccola conquista, gli uomini, ragionando su una rappresentazione del mondo prodotta dalla storia dei loro simili hanno evidentemente una via di accesso più facile alla messa a nudo del sessismo, delle logiche d’amore e di violenza che lo sostengono, nonostante i progressi della civiltà. Perché allora quella difesa estrema, sempre meno convinta eppure ostinata, della neutralità, che si esprime non solo nel cancellare dalle analisi politiche il rapporto tra i sessi, ma anche in quella copertura che è la sua distorta collocazione tra le questioni sociali: emarginazione, cittadinanza incompleta, sfruttamento economico, beni comuni, ecc.?”

 

“Per quanto riguarda gli uomini, viene invece il sospetto che “sappiano” e che sia proprio l’evidenza del privilegiotoccato loro storicamente e diventato “destino”, copione di comportamenti obbligati, a dover essere in qualche modo aggirata, perché colpevolizzante e quindi innominabile.

La comunità storica maschile ha visto cadere imperi, muraglie, confini, odi che sembravano irriducibili, eppure esita a far cadere le fragili pareti che separano la sua civiltà dalla porta di casa, l’immagine della sua “virilità” pubblica dalla posizione di figlio,fratello, padre, marito, amante.”

Articolo pubblicato su Comune-info.net il 25 ottobre 2015, ‘Il circolo degli uomini e i privilegi rimossi’

 

Repetita…

“E’ importante perciò che si dica che la violabilità del corpo femminile – la sua penetrabilità e uccidibilità – non appartiene all’ordine delle pulsioni “naturali”, ai raptus momentanei di follia, o alla arretratezza di costumi “barbari”, stranieri, ma che sta dentro la nostra storia, greca romana cristiana, a cui si torna oggi a fare riferimento per differenziarla dalla presenza in Europa di altre culture.”

Articolo pubblicato il 24 nov. 2015 su ‘L’Internazionale’, fonte

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Aborto. La grande ossessione dell’immaginario maschile…

“Si discute molto in questo momento della scelta di fare o non fare figli, e della violenza quotidiana che subiscono le donne per lo più da parte di uomini con cui hanno intrattenuto legami amorosi e famigliari. Come si fa a non vedere il legame fra due questioni di primo piano nel rapporto tra i sessi e il ritorno di quella grande ossessione della cultura maschile più conservatrice, fatta propria purtroppo anche dalle donne, che è l’interruzione volontaria di gravidanza?

La grande ossessione che attraversa la storia fin qui conosciuta del rapporto uomo-donna è chiaro che riguarda essenzialmente la maternità, vista come destino naturale o obbligo procreativo per la donna: madre sempre e comunque, anche quando è solo moglie, figlia, sorella, compagna di vita; snaturata se non fa figli o se li uccide allo stato embrionale, ma anche se decide di abbandonare il luogo dove l’uomo si aspetta di trovarla -la casa, la famiglia, la cura del suo benessere e del suoi interessi.

La violenza maschile ha molti aspetti –da quelli più selvaggi e manifesti a quelli più invisibili, che si ammantano di sacralità e rispetto dei più alti valori umani- , ma un obiettivo sempre più evidente: impedire che le donne trovino il senso della propria vita in se stesse, e non nell’essere al servizio o in funzione dell’altro, nel rifiuto di conformarsi a modelli che contrastano coi loro desideri, a essere, come sono sempre state un «mezzo per un fine», nella sessualità come nella procreazione e nelle forme più elevate dell’amore.”

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Degne o indegne. Ma agli occhi di chi?

Gianluca Carmosino commenta:DEGNE O INDEGNE. MA AGLI OCCHI DI CHI?
L’uscita del senatore Vincenco D’Anna ha parentele ideologiche, filosofiche, scientifiche in alto loco e molti precedenti. “Sante” o “puttane”, degne o spudorate, è con il dominio dello sguardo dell’uomo, spiega Lea Melandri, che si è costruita la “natura” femminile [ph Nilde Guiducci]

L’articolo è stato pubblicato il 18 settembre 2017 su Comune-info.net, clicca qui

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Elogio della scrittura

(…e promo per il mio libro, “Alfabeto d’origine” in uscita da Neri Pozza, da cui è tratto questo frammento)

“Nell’esperienza femminile la scrittura prende un rilievo particolare, messa all’incrocio di vita e di morte, di solitudine e di possibilità di incontro, di perdita, lutto e rinascita. Si ha l’impressione di scrivere ‘contro’, contro il mondo e contro se stesse, di ‘farsi violenza’, di togliersi l’aria, le stagioni, i corpi dei bambini, lo scorrere del tempo, gli odori, i ritmi naturali, di costringersi all’isolamento in quella ‘caverna’ che è la parte segreta di sé. In questa alternativa drammatica, la scrittura diventa un impedimento a vivere.
Ma la vita, l’amore di una donna, finché è, soprattutto, amore per gli altri, per i figli (…) finisce per ‘sgretolarsi’ e ‘inasprirsi’. Occorre perciò ‘essere dentro’ la propria vita e nello stesso tempo ‘a fianco’, sapersene scostare quanto basta per entrare in quelle regioni nascoste, dove è ancora possibile ritrovare la compagnia di se stesse, dare tregua al ‘timore di non essere amate’ e, nel silenzio di altre lingue, ‘lavorare alla propria resurrezione’.
Non c’è da meravigliarsi allora se, quello che era sembrato un ritiro dal mondo, una volta che ha pescato parole da fondali così segreti, si rivela capace, per quelle stesse strade, di incontri, commozioni imprevedibili.”

Circa la violenza sulle donne

A chi fa della violenza contro le donne un problema di “sicurezza delle città” o invoca la “protezione” maschile, una maggiore “riservatezza” femminile, quanto ad abbigliamento, uscite serali ecc., un interessante contributo di Stefano Ciccone, più che mai attuale.

‘Oggi si è tenuta a Taormina una manifestazione promossa da uomini contro la violenza sulle donne. Un segno importante di un mutamento in corso. Ma la riflessione nel mondo maschile è ancora fragile e limitata e così, spesso, iniziative frutto della buona volontà rischiano di riproporre inconsapevolmente vecchi stereotipi. Questo il mio contributo all’iniziativa con un messaggio al promotore che ringrazio: Caro Alessandro Cardente, purtroppo non posso essere a Taormina in questa occasione importante. Voglio però inviarvi un saluto e un piccolo contributo frutto dell’esperienza di maschile plurale, una rete di uomini che da tanti anni, in tutta Italia si batte contro la violenza maschile e contro la cultura in cui questa violenza nasce.
Purtroppo la violenza degli uomini contro le donne ha radici profonde dentro di noi: nell’idea di amore come possesso, nell’incapacità di accettare e riconoscere la libertà a l’autonomia della nostra compagna, nel mescolare protezione e controllo, sostegno e affermazione del proprio potere.
Per questo nessuno può sentirsi estrano a questa chiamata in causa: la violenza chiede innanzitutto a ognuno di noi di riflettere sulle nostre complicità, sulle nostre pigrizie e sulle nostre ipocrisie.
Oltre a incoraggiare le donne a denunciare dobbiamo vedere quanti, in famiglia, al lavoro, tra amici, voltano la testa dall’altra parte lasciando sole le donne. D’altronde diciamo: Tra moglie e marito non mettere il dito”…
La vostra manifestazione fa un passo importante: mette al centro gli uomini e chiede agli uomini di prendere parola in prima persona e di impegnarsi contro la violenza.
Ma cosa possono fare gli uomini e come possono impegnarsi? Non è facile e vi invito, anche questa sera a riflettere su quanto, anche quando ci battiamo contro la violenza, rischiamo di riprodurre una cultura radicata che è alla base di questa violenza.
Possiamo porci come i difensori delle donne, quelli che le proteggono dagli altri uomini? Questa idea che torna anche nell’immagine che promuove questa importante iniziativa, ha dei rischi su cui dobbiamo riflettere: il primo è di rappresentare, di nuovo, le donne come soggetti deboli, bisognosi di protezione da parte di un uomo. E quante volte questa idea ha autorizzato un uomo ad affermare il proprio controllo e il proprio potere? Io porto i soldi a casa, io ti proteggo dagli altri uomini e quindi sono il capo famiglia, quello che comanda. La violenza nasce spesso dall’incapacità di riconoscere e accettare l’autonomia, la libertà e la forza delle donne. Non nascondiamola. La violenza nasce spesso chiamando il proprio desiderio di controllo come protezione: non diamo alibi alla violenza.
L’impegno necessario che chiediamo agli uomini, quello che dobbiamo assumere come uomini, non è, dunque, di difendere le donne, le nostre donne dagli altri uomini. No. Sappiamo tutti che la violenza è opera di fidanzati, mariti, ex. La violenza non viene da lontano: è nelle nostre famiglie e nelle nostre relazioni: non dobbiamo difenderci da una minaccia estranea ma dobbiamo cambiare le nostre relazioni, la nostra cultura. Dobbiamo cambiare noi uomini.
E non solo per sradicare la violenza ma per vivere più liberi, tutti, insieme, donne e uomini.’

Uomini e donne: dialogo, conflitto, cambiamenti

Nel 1980 Carla Lonzi pubblica nelle edizioni di Rivolta Femminile Vai pure. Dialogo con Pietro Consagra, un titolo significativo dei cambiamenti che stava portando il femminismo nei rapporti di coppia, e in particolare tra “bisogno d’amore” e “bisogno di autonomia”, tentativo di condividere con un compagno, un marito, la consapevolezza nuova che le donne andavano acquistando di sé, e resistenza maschile a riconoscere la politicità della “cultura delle relazioni”. Che cosa è accaduto da allora in avanti?

Articolo pubblicato il 12 settembre 2017 su la27esimaora, fonte

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Lea Melandri: perché gli uomini uccidono le donne

Scrive Lea Melandri che non dovremmo meravigliarci che gli uomini uccidano le donne, finché queste sono identificate con la sessualità e la maternità quali doti femminili al servizio dell’uomo stesso (o a lui finalizzate). Essenzialmente corpi; a disposizione
Qualcosa che il femminismo ha iniziato a scalfire, ma che ancora lavora profondamente ed è costantemente incoraggiato dalla cultura mediatica. Tanto da far notare a qualcuno che del concetto “io sono mia” nemmeno si sente più l’eco…
Articolo pubblicato il 10 agosto 2017 su Politica femminile, fonte qui 
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Un decreto da ritirare!

“La Rete Lombarda dei Centri Antiviolenza fa appello a tutte le cittadine e a tutti i cittadini invitandoli a manifestare il dissenso contro le politiche di Regione Lombardia che minano la libertà di azione dei Centri Antiviolenza e con questa quella delle donne.”

La manifestazione avrà luogo il 12 settembre 2017 presso il Palazzo Lombardia, ore 16.

Per firmare la petizione, firma qui

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