Günter Anders, “Amare, ieri. Appunti sulla storia della sensibilità”, Bollati Boringhieri 2004
“Ma io stesso, nonostante i miei numerosi diari, non mi sono mai occupato in modo particolare di me stesso; tutto ciò che è accaduto nel corso della mia esistenza, a partire dal 1914, è sempre stato troppo urgente e tremendo per consentire di mettersi a curiosare e rovistare nel proprio profondo, anche solo per farlo apparire interessante.”
“Più di trent’anni fa ho definito la ‘storia dei sentimenti ‘ come la più deplorevole lacuna della ricerca storica. A causa dei pregiudizi, le cui radici non possono qui essere messe a nudo, fino a oggi abbiamo di fatto considerato l’apparato emozionale dell’uomo come una dotazione naturale immutabile (press’ a poco come il corredo fisiologico); mentre non ci sarebbe stato nessuno, è ovvio, che non avrebbe riconosciuto tra gli strumenti mondani l’evolversi continuo delle idee, delle istituzioni.”
“Se nė l’ “io”, nė l’ “esistenza” nė l’ “esser-ci” mostrano caratteri sessuali, ciò sembra poter significare solamente che ai filosofi la petite différence appare accidentale, a posteriori, empirica, insomma metafisicamente impresentabile.
(…)
“Il potere del nostro universo maschile, che in molte lingue ha fatto dell’ “essere umano” una semplice variante della parola “uomo “, non ha contagiato anche la filosofia?
L’ “io”, la “coscienza “ non sono forse soggetti maschili? Chi nel nominare la parola “io” ha mai pensato alla signora Fichte? Non associamo forse la “persona” nonostante sia femminili generis, e si proponga di esprimere l’idea morale dell’essere umano in generale, a qualcosa di maschile?”
“…se la donna, come è capitato, si è trovata in una situazione in cui la sua appartenenza sessuale ha giocato un ruolo diverso rispetto all’ uomo, se è stata costretta nel suo essere-donna, siamo stati anche noi uomini a costringerla. E le “costrizioni”, non importa se si presentano sotto forma di catene, consuetudini, pregiudizi o filosofie, non sono sempre frutto del potere?”
“A noi sembra moralmente basso che una donna sia considerata, trattata, o amata non in quanto ‘questa donna particolare’, ma in quanto ‘una’ donna (che casualmente è proprio questa), dunque come generalità .”