Alfabeto d’origine – frammenti

Il dialetto

“La fedeltà al dialetto, che mi ha consentito di imparare come unica lingua straniera l’italiano, anziché estendere la geografia del pensiero e indurla a rivisitare i luoghi da cui è nata, ha congelato i piedi e le gambe nel ricordo di strade oggi irriconoscibili, e ha costretto un tempi lunghissimo della vita a nascondersi dietro segnali di difficile traduzione”.

Corrispondenze amorose

“Corpi di altre scritture, sottratte ai loro tempi e luoghi e frammentate quanto basta per fartele amiche, parenti, amanti.”

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Riconoscere le proprie radici e l’impronta duratura che lasciano dentro di noi, e’ importante. Ma non e’ detto che sia quello per tutti il luogo della nostalgia e del ritorno, soprattutto se si e’ conosciuta la liberta’ di sentirsi a casa dovunque.

(Per l’immagine di copertina – un dipinto di Vanessa Bell- ringrazio Susanna e Marina Avitabile, che me l’hanno suggerita.)

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Lo strabismo della memoria

“Memoria storica e memoria poetica, rami divisi del protagonista unico che ha preteso di regolare il tempo facendosi sordo ai ritmi del suo corpo, si contendono da sempre la scena sociale, e a un osservatore attento non può sfuggire che il sonno e la veglia, il rigore scientifico e la favola, la ricostruzione documentata e la seduzione del mito, si sono tenuti, a nostra insaputa, millenaria compagnia.
Quanto sia stata, e sia tuttora, pacifica o dibattuta, tenera o violenta, lo dicono ampiamente le scritture degli uomini. Alle donne spetta il triste privilegio dello smemorato, il quale non saprà mai se sta ricostruendo la sua vita o incontrando per la prima volta la sua nascita.”

“….quello che oggi mi appare, retrospettivamente, l’invenzione di un linguaggio capace dei suoi miti e delle sue pose eroiche, altro non è che l’alfabeto di una lingua comune a tutti gli esseri umani, modellata su sogni, desideri e paure che si accompagnano a ogni nascita e a ogni ingresso nella vita sociale. Ridisegnarne le forme e accoglierle dentro le maglie di complesse grammatiche colte, vuol dire scuotere il lungo sonno che ha tenuto l’umanità ancorata al ricordo della sua origine, ma significa anche restituire ai sogni l’incanto e la dolcezza che hanno solo quando si lasciano guardare alla luce del sole.”

“Non potendo rinunciare all’amore di una madre e non vedendo su di sé i segni di un autonomia, che si misura ancora soltanto a parole, la donna porta nei territori che le hanno fatto guerra la sua pretesa di infanzia.
Ma mentre si affanna a rafforzare le traballanti città dell’uomo, per trovarvi il calore di una casa, continua ad indicare, in lontananza, la terra natale che le è mancata.(…)
Intollerabile per chi aspetta ancora il calore di un gesto materno, l’adorazione che gli uomini riservano ai cieli invisibili delle loro madri muove invidie profonde e durature come l’odio di un popolo per un vincitore che ha invaso le sue terre, prima che egli stesso potesse riconoscerne i benefici.”

“Costretto a confrontarsi con una terra solida, il vuoto d’amore che fa dell’origine di ogni donna un luogo senza ritorno, rinuncia alla copertura malinconica del sogno, perché tutti riconoscano nella “preistoria” di una “piccola selvaggia” la stessa forza del desiderio e la stessa sensualità per le quali l’uomo si è attribuito il possesso esclusivo del corpo femminile. La “tenerezza”, che è nostalgia di unioni perfette, paradiso che compone in armonia gli opposti destini dei figli e delle madri, si spoglia del velo di una felicità ingannevole e mostra come insegne di morte e di follia siano state poste sul cammino che doveva avvicinare una donna a un’altra donna.
Là dove Freud può volgersi con sguardo dolce verso la dimora ideale che gli assicura continuità di affetti e di ritorni, Dora può solo contemplare nel volto stravolto della malattia le tracce si una passione antica, a cui non è stato permesso di vedere la luce del sole.”

(da L.M., “Lo strabismo della memoria”, La Tartaruga edizioni , Milano 1991. In via di ristampa con la Casa Editrice Smasher, Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), di cui è fondatrice l’infaticabile Carmen Giulia Fasolo)

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Alfabeto d’origine

Quasi un’autobiografia

Quei pochi libri in cui di volta in volta ho creduto di riscontrare la ‘spudoratezza’ necessaria per nominare “il mondo delle cose che non siamo stati capaci fino a questo punto di dire” (Alberto Asor Rosa), sono diventati, nel lento e ripetuto vaglio a cui li ho sottoposti, accompagnatori e guide di un viaggio verso un passato pervicacemente muto, avaro di ricordi, sepolto nella memoria del corpo. È come se ognuno di quei ‘reperti’, strappati al loro contesto, e persino alla mano da cui erano usciti, potesse parlare per me, e l’intimità che è mancata nelle mie relazioni reali avvalersi del sostegno di parole, sentimenti, sogni in cui riconosceva parentele sorprendenti.

(Dalla Prefazione al mio libro “Alfabeto d’origine”, in preparazione presso l’editore Neri Pozza per il 2016)

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