La chiusura del programma “Parliamone di sabato” non basta: Dobbiamo pretendere che facciano informazione in modo decente: cominciando a far parlare qualcuna del movimento, cosa che avrebbero dovuto fare già per il 26 nov. e soprattutto dopo Bologna e per l’8 marzo.
Il sessismo Rai non è solo nella rappresentazione del femminile ma nel SILENZIO, che non è da oggi, “SUL femminismo”. ”
Altro è la diretta durante una manifestazione, interviste fatte per strada, altro è invitare le donne di Non Una di Meno in studio, fare delle loro lotte un problema politico e culturale su cui discutere e informare quanto merita.
Questo avrebbero dovuto fare dopo il convegno di Bologna affinché i report e gli otto punti per la riscrittura del Piano antiviolenza non restassero sconosciuti anche alla maggior parte delle persone che hanno partecipato alla manifestazione.
Per i nostri media il femminismo è ancora folclore e politica sono le beghe -quelle davvero personalistiche- dei parlamentari.
Archivi tag per RAI
NON UNA DI MENO – COMUNICATO STAMPA
NON UNA DI MENO-MILANO
Comunicato stampa
Presidio della rete Non una di meno Milano contro sessismo e razzismo in Rai
Mercoledì 22 marzo, ore 17.00, Corso Sempione 27 Milano
Lo scorso sabato pomeriggio è andata in onda su Rai1, la principale rete del servizio pubblico italiano, una puntata di “Parliamone sabato” con un servizio intitolato: “La minaccia arriva dall’est. Gli uomini preferiscono le straniere. Sono rubamariti o mogli perfette?”. La polemica pubblica scatenatasi sui social network, per via dei contenuti e dei linguaggi particolarmente sessisti, razzisti e discriminatori, ha portato alla chiusura della trasmissione condotta da Paola Perego, per decisione del direttore Rai Antonio Campo Dall’Orto.
A distanza di soli 10 giorni dallo sciopero globale delle donne contro la violenza di genere, la rete Non Una Di Meno condanna ancora una volta la violenza mediatica insita nell’utilizzo di linguaggi sessisti, misogini e razzisti, che sono specchio di un pensiero che considera ancora le donne come esseri inferiori e figure ancillari rispetto all’uomo. Denunciamo la rappresentazione stereotipata di uomini e donne che la trasmissione ha messo in scena, ma che non costituisce un caso isolato. Tali rappresentazioni non restituiscono né rispettano la complessità dei soggetti reali, uomini e donne incluse.
La chiusura del programma “Parliamone sabato” è un atto doveroso, ma non sufficiente, così come non sono sufficienti le scuse da parte della presidente Rai, Monica Maggioni, e del direttore di Rai1, Andrea Fabiani, avvenute via twitter. Il pubblico di Rai1 del sabato pomeriggio non è raggiunto da twitter, dal web e dai social network, pertanto le scuse devono avvenire attraverso un canale che consenta di raggiungere anche quel pubblico.
La Rai è un servizio per cui i cittadini e le cittadine italiane pagano un canone, chiediamo pertanto che la qualità dei programmi e dell’informazione trasmessa sia adeguata alla spesa che il servizio televisivo costituisce per lo stato e alla missione di utilità pubblica cui deve attendere. La manifestazione di Roma del 26 novembre è stata ignorata e lo sciopero dell’8 marzo avvenuto in più di 50 paesi del mondo è stato sottovalutato. Accanto al problema della disinformazione vi è quello, altrettanto colpevole, del silenzio, trattamento spesso riservato al femminismo e alle soggettività che esprimono una voce non allineata al sistema culturale e sociale vigente.
Chiediamo anche che la Commissione di Vigilanza Rai e l’Ordine dei giornalisti svolgano il ruolo cui sono preposti, di verifica e controllo dell’informazione e dei programmi televisivi trasmessi.
Il linguaggio sessista e razzista alimenta un’immagine sociale degradata delle donne e nutre in questo modo la cultura della violenza. Non siamo disposte a tollerare nulla del genere: vogliamo narrazioni e linguaggi differenti, che siano inclusivi e rispettosi di tutte le soggettività.
Per questi motivi abbiamo organizzato il presidio davanti allo studio Rai di Milano mercoledì alle ore 17.
Ufficio Stampa
Non Una Di Meno Milano
Mail: nonunadimenomilano@gmail.com
Tel. Stefania 392.2634807
Eleonora 349.2542205
Silvia 389.8000797
Sito: http://www.nonunadimenomilanoblog.wordpress.com
Facebook: Non Una Di Meno Milano
Twitter: NonUnaDiMenoMI
‘Non si tratta di trash televisivo’
“Non dobbiamo cedere a chi vuole ridurre questo fenomeno ad una mera questione di trash televisivo. Tanto più che il caso specifico del “fenomeno delle donne dell’Est” è l’esempio perfetto dell’intreccio tra genere, razza e classe sociale. Quello delle donne che lasciano il loro paese per venire a svolgere i lavori di cura è un fenomeno che va posto nella sua dimensione reale: mercificazione dei ruoli di genere e sfruttamento del lavoro.
Si tratta di una vera e propria “catena della cura globale” che, spiega Cinzia Arruzza in Storia delle storie del femminismo (Alegre, 2017) “viene creata a partire da una donna in un paese a capitalismo avanzato che – non essendo in grado di svolgere il lavoro di riproduzione sociale che le viene tradizionalmente richiesto in quanto impiegata anche nel mercato del lavoro formale, a causa dell’assenza dei servizi pubblici e accessibili di cura e del sessismo culturale che ostacola una condivisione egualitaria di questo lavoro col partner – impiega una donna di uno strato sociale più svantaggiato o migrante. Questa a sua volta avrà bisogno di ricorrere a un’altra donna nel paese d’origine, che svolga il lavoro riproduttivo che lei non può svolgere in quanto impiegata altrove”.
Le donne che vogliono mantenere il proprio posto di lavoro, il proprio pezzetto di emancipazione in una società che le vorrebbe incapaci, lottano tutti i giorni contro un sistema che la costringe a prendere in carico in forma esclusiva la cura di figli, anziani… e perché no, mariti! È in virtù della disponibilità di tempo che questo lavoro di cura richiede, che nel lavoro formale sono più ricattate e in generale guadagnano meno. Lo dicono i numeri: nel 2016 l’Italia arretra di ben 9 posizioni nella classifica mondiale sulla differenza di salario fra uomini e donne. A questo dato se ne aggiunge un altro: solo il 54 per cento delle donne italiane ha un lavoro.”
Articolo pubblicato su Communianet.org il 22.III.2017, link
La redazione di dinamopress.it
“Queste trasmissioni vanno in onda quotidianamente, condite dei peggiori stereotipi, in cui machismo, sessismo, beceri luoghi comuni si fondono con un razzismo sempre più dilagante. Intrecci di genere, razza e classe sociale giocati ancora una volta sui corpi delle donne. Quante migliaia di persone sono costrette a vedere una televisione pubblica e a pagare un canone per questi programmi? Non si tratta solo di trash per gareggiare con gli ascolti di altre emittenti, ma di veicolare messaggi, si tratta di un arretramento culturale che avanza sempre di più. La violenza sulle donne è un fenomeno strutturale, lo sappiamo e continueremo a dirlo, perché si annida anche nel quotidiano, perfino in “innocui” programmi televisivi, vive nelle nostre relazioni, sui posti di lavoro, e nei media, appunto.”
Articolo pubblicato su dinamopress.it il 20.III. 2017, link
Manifestazione contro gli stereotipi sessisti e razzisti in tv
22 marzo, Milano, Sede Rai