FREUD, JUNG E LA CLASSE DOMINANTE

Scrive Nicola Ghezzani:

‘Quando si parla di Freud e di Jung il più delle volte si dimentica che si tratta di due sconfitti. Ci si concentra sul conflitto fra loro, che in effetti li accompagnò tutta la vita, ma si dimentica che essi sono stati degli esclusi.
Per tutto l’arco della sua vita professionale, Freud ha anelato alla cattedra universitaria, il che avrebbe voluto dire far parte della potente classe degli psichiatri (Freud era un neurologo, ma ciò non costituiva un ostacolo: all’epoca psichiatria e neurologia erano discipline affini). Quando Freud accolse Jung nella sua cerchia psicoanalitica, lo fece anche in vista del fatto che il giovane svizzero era già uno psichiatra molto famoso e che, essendo il vice di Eugen Bleuler presso il Burghölzli (il celebre ospedale psichiatrico di Zurigo, di cui Bleuler era direttore), era destinato a diventare uno dei dieci psichiatri più potenti del mondo. Inoltre Freud era un ebreo e Jung invece poteva non solo vantare natali ariani, ma anche uno spirito di intraprendenza e un attivismo rari anche ai suoi tempi.
Come si sa, l’avance di Freud andò male. Dopo pochi anni i due litigarono a morte e si separarono con reciproca acrimonia. Freud non aveva saputo valutare il carattere di Jung. Stupisce che il padre della psicoanalisi non si fosse posto la domanda più semplice, nel loro caso: «Perché mai un superiore dovrebbe cercare un inferiore?» Freud era superiore a Jung quanto a età e a fama nel mondo culturale (artistico e letterario, non psichiatrico), ma era decisamente inferiore quanto a classe sociale. Freud era un escluso dal mondo accademico, che soffrì tutta la vita della sua esclusione; Jung invece era il pupillo della grande psichiatria internazionale. Ebbene, Jung (di classe superiore) cercò Freud (di classe inferiore) perché era un ribelle e stava per abbandonare tutti i suoi privilegi. Il suo carattere impetuoso e orgoglioso gli impediva di aderire ai mantra della psichiatria accademica. Infatti, Freud servì a Jung per maturare una sua fantasia da bohémien, dopo di che ruppe con Freud, ruppe sia con la psicoanalisi che con la psichiatria, abbandonò Bleuler, si dimise dall’incarico universitario e si dedicò alla professione privata. Divenne di fatto un “artista” della psicoterapia. Diede vita alla sua psicologia e alla sua scuola, che pian piano si diffusero nel mondo; mentre Freud ebbe largo successo grazie alla sua espansione soprattutto nel mondo anglosassone.
Il loro parrebbe dunque un percorso premiato dalla Storia. In realtà, sia Freud che Jung furono due sconfitti, ma per motivi diversi. Freud fu uno sconfitto perché escluso dalla neurologia e dalla psichiatria accademiche: avrebbe voluto colonizzarle e invece subì il rifiuto sprezzante da parte della grande e privilegiata classe degli accademici, che lo tennero a distanza. Jung, che odiava l’accademia, si autoescluse dal Gotha della psichiatria mondiale. Fu a sua volta uno sconfitto perché rinunciò a far parte della Storia della scienza per diventare quel mahatma che poi in effetti divenne.
Chi fu il vincitore? Ma è ovvio! Il vero vincitore fu la psichiatria organicista accademica, che infatti è anche oggi in testa alla classifica mondiale del potere di gestione delle coscienze umane. La psichiatria organicista ha il controllo del 90% della psicopatologia mondiale, è in stretta sorellanza di interessi con la potentissima industria farmaceutica, ha cooptato a sé la ricerca neuroscientifica e si appresta a sbarcare nel nuovo continente dell’ingegneria genetica e delle biotecnologie. Il giro di affari è immenso. Solo per fare un piccolo esempio: l’Abilify, di Otsuka Holdings, è un antipsicotico, quindi uno psicofarmaco di uso piuttosto raro (indicato nel trattamento della schizofrenia negli adulti e negli adolescenti dai 15 anni in su, oltre che degli episodi maniacali del disturbo bipolare): ebbene, questo farmaco fattura da solo 6 miliardi di dollari l’anno. Un tale bilancio (parliamo di uno psicofarmaco raro, non di ansiolitici e antipressivi, che fatturano dieci volte tanto) sovrasta i profitti di qualsivoglia odierna corrente psicoterapeutica. Aggiungo: la formazione psichiatrica (in Italia e altrove) è fornita dallo Stato, quindi è istituzionale; quella psicoterapeutica è affidata a una miriade di piccole scuole in competizione e in perpetuo litigio fra loro (oltre che interamente a spese del candidato). Il mondo della psichiatria è un grigio monolite in cui non litiga mai nessuno; la psicoterapia è una Babele scontrosa e priva di solidarietà.
Intendiamoci, la vita e l’esperienza culturale di Freud e di Jung sono state comunque un successo, ed è bene rimarcarlo: essi hanno posto le basi della moderna psicoterapia, che rappresenta pur sempre l’alternativa elitaria alla psichiatria di massa. In tal senso hanno donato (a tutti noi che crediamo che la maturazione del pensiero sia lo strumento per la guarigione della psiche) una base di cui non possiamo più fare a meno. Ma in un certo senso essi si sono dovuti entrambi accontentare di poteri “locali”: Freud di una Società Psicoanalitica che ha prodotto ricerca relazionale e poi, nei paesi anglosassoni, anche sociale; Jung di aver posto il seme dell’antipsichiatria (essendo stato in fondo l’antesignano di tale corrente) e di aver contribuito allo sviluppo della controcultura europea e della new age americana.
Nella vita privata sia Freud che Jung furono benestanti (fra l’altro Jung sposò una donna ricchissima) e oggetto di un culto personale crescente. Ma anche questo in fondo può essere l’ambiguo segno di una sconfitta. La psichiatria organicista classificatoria fondò il suo statuto e il suo potere fra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento coi nomi di Wilhelm Griesinger, Emil Kraepelin, Eugen Bleuler e Karl Jaspers, dopo di ché non ebbe mai più né scismi né innovazioni, quindi non ebbe più bisogno di idee e nomi nuovi (come appresero a loro spese i grandi antipsichiatri Franco Basaglia e Ronald D. Laing, morto l’uno di tumore a 56 anni, l’altro di infarto a 61 anni).
Un potere consolidato (come quello psichiatrico, alla stessa stregua di un potere religioso o politico) ha bisogno solo di una Bibbia (nel caso della psichiatria è il DSM): non ha più alcuna necessità di produrre innovazioni, né ha bisogno di elevare templi ai propri guru. Il vero potere cancella sempre gli individui che lo hanno creato. Al massimo ne fa delle icone da cartolina, non scava mai nelle loro vite. Il vero potere crea la propria casta, poi un sistema di caste sottomesse, infine cancella le tracce del proprio percorso. Fa della Storia una pagina bianca.’

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