Chi ha paura di Facebook?

Non si può liquidare come trionfo del narcisismo un fenomeno che sta abbattendo tante barriere –pudore, riservatezza, vergogna, banalità, insignificanza, ecc.-, che muove un arco imprevedibile di sentimenti, pensieri, fantasie, desideri, sogni, che gioca sulla dipendenza e la seduzione, sul bisogno di affetto e di condivisione.
Chi è invitato a consegnare i suoi pensieri a una pagina solitaria e al medesimo tempo visitata da molteplici possibili sguardi, si muove come un funambolo tra sponde opposte, ma oggi inseparabili: da una parte, l’amore di sé che cerca, come agli inizi della vita, conferme esistenziali e affettive, dall’altra una società che sembra aver perso lo spazio intermediario della famiglia, per cui potrebbe riprodurla, ma anche volerne sperimentare l’assenza.
Una corda tesa tra sé e sé, tra sé e mondo, una sospensione del già noto che non rinuncia tuttavia a mettere in campo, con una libertà finora sconosciuta, quello che c’è di più quotidiano, intimo e particolare in ogni singola vita. Se, come dicono le statistiche, sono soprattutto le donne che fanno uso dei social network, bisogna ammettere che un grande passo avanti è stato fatto da quando una pagina di diario finiva in un cassetto, preziosa e, contemporaneamente, destinata a perdersi come i sogni.
Non dovremmo meravigliarci se il bisogno di pensarsi come individualità concreta, restituita all’interezza del proprio essere, si manifesta come “ripresa” di un sé intento a ricostruire la propria immagine attraverso quello “specchio digitale”che, al medesimo tempo, lo isola e lo espone al mondo.
Il rischio che l’immagine prenda il sopravvento e che la libertà vada a coincidere paradossalmente con una “nuova schiavitù”, quale è la “costrizione a comunicare”, in effetti c’è.
Ma nessuna acquisizione nuova della coscienza, nessuno svelamento di un “rimosso” storico, può considerarsi indenne da limiti, ripiegamenti o sconfitte. Per questo l’attenzione alla strada che si sta percorrendo non è mai troppa, e gli “apocalittici” sono, da questo punto di vista, un prezioso indicatore di marcia

screen-shot-2016-12-30-at-7-26-41-pm

La solitudine e i social network: un tema di riflessione sempre attuale.

L’articolo  di Enrico Franceschini oggi su Repubblica- L’insostenibile pesantezza della solitudine- ci informa che da un test (sia pure discutibile) di un gruppo di scienziati dell’ University of Virginia, risulta che, in assenza degli abituali mezzi di comunicazione -cellulari, computer, televisione, ecc.- le persone non riescono a stare sole coi propri pensieri, se non per un tempo limitatissimo.
Un po’ malignamente penso che non era necessario un test per sapere che le persone, sottopposte all’ invasivita’ di tutto cio’ che viene dall’esterno, hanno sempre meno “pensieri propri”, e che, anche quando li hanno, sono spinte ad esternarli e condividerli. Conservare qualcosa
di “proprio”, quanto a pensieri, sentimenti, emozioni, sogni o altro, e’ la sfida a cui ci troviamo di fronte ogni volta che apriamo la nostra pagina fb.