Sibilla Aleramo, coscienza femminile anticipatrice, ha visto lontano: la fretta, l’incapacità di sostare a lungo e interrogarci sulla storia che è passata su di noi e dentro di noi, ci avrebbe portato a essere un “inutile duplicato dell’uomo”.
Guardando all’oggi, non si può dire che avesse tutti torti.
“Non è nella gara materiale con l’uomo che deve consistere il progresso delle donna: o almeno non è soltanto in ciò. Essa può provare, e lo prova, di saper resistere come l’uomo alle fatiche manuali e intellettuali, ed è operaia, maestra, professionista, artista, quasi sempre oltre che moglie e madre. Ch’ella chieda un uguale compenso e un uguale rispetto è logico e giusto, com’è naturale che pretenda gli stessi diritti civili e politici. Ma tutto questo avviene specialmente per forza di cose, e forse spesso contro lo stesso desiderio intimo della donna: è il prodotto dei tempi, della civiltà industriale e democratica, nata dalla rivoluzione: non è un fenomeno morale, un moto di spiriti..” (Sibilla Aleramo, La donna e il femminismo, Editori Riuniti 1978)
“Finora l’uomo ha creato, la donna no… La donna s’è accontentata di questa rappresentazione del mondo fornita dall’intelligenza maschile. E di tutto ciò che parallelamente intuiva, nulla, o quasi, ha mai detto agli altri, perché, purtroppo, nulla o quasi ha mai detto a se stessa… La donna da un secolo in qua ha vagamente sentito che poteva muoversi con più agio, ma non ha sentito che poteva anche sostare prima alquanto, e interrogarsi. Così, invece che accordare alla vita e all’arte la sua autentica anima, è entrata nell’azione come un misero inutile duplicato dell’uomo.”
(S.Aleramo, Andando e stando, Mondadori 1942)