C’è un modo per uscire dal perverso intreccio di amore e violenza, amore e potere: interrogare l’amore così come lo abbiamo conosciuto finora, aprirlo a nuove possibilità.
E’ una delle domande che si pone François Jullien nel suo ultimo libro tradotto in italiano, “Una seconda vita. Come cominciare a esistere davvero”, Feltrinelli 2017:
“Un secondo amore, per essere non la ripetizione ma la ‘ripresa’ di un primo amore, in che cosa si deve distinguere da quest’ultimo?”
Alcuni frammenti:
“Il secondo amore, infatti, avendo dissolto il mito dell’ “Amore”, non essendo più cieco…ha compreso che la celebrazione dell’Altro può mascherare l’autogiustificazione di sé o che ciò che amo sono le qualità che proietto sull’Altro, adornandolo e idealizzandolo…Ma ha compreso anche un’altra cosa, che l’amore ha qualcosa non solo di equivoco, fra il possesso dell’altro e la donazione di sé, l’eros e l’agape, ma anche di doppio, di torbido e di ambivalente, che ci vuole poco per passare dall’amore all’odio, dal desiderio di fare del bene al bisogno di fare del male all’altro e di sacrificarlo (“io ti amo”, ma proprio per questo mi permetto di mutilarti).
(…)
“Ho definito ‘intimo’ il tenore del secondo amore. Esso è fatto non più di passione che si volge in delusione o, quantomeno, destinata necessariamente a incontrare il proprio limite, ma dell’intimo che scopre in maniera inesauribile fra i soggetti. Il primo amore, che pone l’altro come oggetto, chiaramente può non essere condiviso (io ti amo/tu non mi ami), drammatizzandolo e rendendo così piacevole analizzarlo: per questo se ne possono trarre romanzi che, attraverso crisi e riconciliazioni, non cessano di esplorare quel particolare tipo di gioco. Diversamente, l’intimo implica necessariamente la reciprocità. Lo dice anche la lingua: sono intimità con te, ‘siamo intimi’, ossia noi ci instauriamo egualmente –congiuntamente- in posizione di soggetti senza che si debba stabilire a chi dei due ciò è dovuto. O, piuttosto, siamo ‘divenuti’ intimi”.
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“Ne consegue che l’intimo si presenti come la natura stessa del secondo amore: mentre il primo amore, anche quando cede, resta nell’ambito del rapporto di forza (ciò che si subisce invoca la rivincita), il secondo amore, al contrario, procedendo dall’intimo, nasce dall’aver iniziato a estrarre l’Altro dai rapporti di forza che costituiscono la trama del mondo e anche dal fatto che su di lui non si proiettano fini o scopi. Ciò significa riconoscerlo come ‘soggetto’. Da lì proviene la ‘dolcezza’ intima del secondo amore che, de solidarizzando con la forza (che è sempre limitata), è fatto non tanto di affetto quanto di infinito.”
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“L’intimo non si sforza né si domanda, è pudico e non enfatico; si limita alla constatazione: non ha nemmeno bisogno di dirsi. In compenso, continua a scorrere e a farsi cogliere nelle ‘minuzie’ del quotidiano. Non c’è nulla da raccontare. Ecco perché il romanzo procede alla narrazione drammatica del primo amore ma si arresta sulla soglia del secondo, non trovando più nulla di saliente, nulla di significativo, nessun evento da riportare..”
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“Conosciamo bene la strategia del primo amore, fatta di conquista e possesso, in quanto la troviamo descritta in una quantità infinita di romanzi: come l’Uomo fa ‘cedere’ la Donna che resiste per, alla fine, capitolare o tenere duro. Si tratta di una strategia di ‘attacco’ e ‘resistenza’ scandita da assedi, trappole, marce d’avvicinamento, colpi di mano, molestie, sconfitte e riprese, con la vittoria dell’uno che è la sconfitta derll’altro.”
(…)
“Si dovrebbe esplorare in profondità quegli investimenti strategici del secondo amore che sono anche astuzie e mosse esistenziali. Tale è, in particolare, la strategia di quella che definirei ‘stima’, in quanto deve impedire che l’intimo decada in intimità, ossia in una essenza e in una proprietà. Si deve impedire che la dolcezza dell’intimo, che estrae l’Altro dal rapporto di forze, si confini in affetto (in dolcezza affettiva che facilmente scade nell’affettazione) mettendo troppo prudentemente la relazione al riparo disinnescando la virulenza del faccia a faccia.”
(,..)
“Non ci troviamo più sul piano della celebrazione di quel bel viso, idealmente fotografato per i suoi tratti, su cui faceva leva il primo amore. Diversamente, in quel viso si percepiscono tanti visi o, piuttosto, finalmente appare l’immensità celata di un volto…si ha allora la sensazione di avere solo cominciato a vedersi, che prima non ci si era mai visti, che tutto ciò che precede non era che maldestramente tentato. A quel punto, può iniziare la ‘ripresa’”
